Dopo le polemiche degli ultimi giorni, l’Inail fa chiarezza con una nota pubblicata sul proprio sito: nel caso di infezioni da Covid-19 dei lavoratori per motivi professionali, il riconoscimento di infortunio sul lavoro non implica automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro.
L’istituto interviene espressamente per sgombrare il campo da equivoci ed evitare erronee interpretazioni legate a una fattispecie particolarmente delicata come quella riguardante il Covid-19.
Precisa la nota: «I presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail per la tutela relativa agli infortuni sul lavoro sono diversi da quelli per il riconoscimento della responsabilità civile e penale del datore di lavoro che non abbia rispettato le norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro».
Tali ultime responsabilità, ricorda l’istituto, «devono essere rigorosamente accertate, attraverso la prova del dolo o della colpa del datore di lavoro, con criteri totalmente diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative Inail».
Eventuali addebiti in sede penale e in sede civile dovranno quindi essere dimostrati in osservanza delle norme e delle procedure appositamente previste dall’ordinamento italiano.
Sul punto l’istituto conclude con una valutazione importante: «La molteplicità delle modalità del contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare sui luoghi di lavoro, oggetto di continuo aggiornamento da parte delle autorità in relazione all’andamento epidemiologico, rendono peraltro estremamente difficile la configurabilità della responsabilità civile e penale dei datori di lavoro».
L’intervento dell’Inail assume particolare rilievo anche in riferimento al dibattito sui profili di eventuale responsabilità civile e penale dei dirigenti preposti all’applicazione delle norme a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, in caso di infezioni da Covid-19 dei lavoratori per motivi professionali.
Come organizzazione di rappresentanza ci stiamo muovendo con la massima attenzione e, tra le proposte per la Fase 2 presentate nei giorni scorsi insieme alla Cida, abbiamo chiesto che la questione sia oggetto di un intervento normativo del Governo.
L’obiettivo è quello di introdurre uno specifico scudo penale e civile contro ogni eventuale responsabilità diretta in capo al dirigente preposto all’adozione del piano aziendale di gestione dei rischi sanitari, in caso di avvenuto contagio epidemiologico contratto sul posto di lavoro da parte dei dipendenti, pur mantenendo salvaguardate le tutele per i lavoratori.