Con riferimento alla dibattuta questione in merito all’ambito soggettivo di operatività della disposizione di cui all’art. 46 del cd. “Decreto Cura Italia”, relativamente al divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della L. n. 604/1966 (norme sui licenziamenti individuali), siamo lieti di informarVi, con una punta di orgoglio, che la linea interpretativa sin da subito sostenuta da Federmanager circa l’applicabilità, anche in favore dei dirigenti, del predetto divieto di recesso dal rapporto di lavoro, ha trovato conferma anche in giurisprudenza.
Con ordinanza del 26 febbraio u.s., infatti, il Tribunale di Roma, in funzione di Giudice del Lavoro, ha sancito l’applicabilità, anche ai dirigenti, del divieto di licenziamento individuale disposto dalle norme emergenziali varate per far fronte alle conseguenze economiche determinate dalla pandemia Covid-19.
La fattispecie al vaglio del Giudice del Lavoro concerneva il caso di un dirigente licenziato – durante la vigenza del divieto di licenziamento imposto dal Cura Italia e dal decreto Rilancio (che ha esteso la portata temporale del divieto di cui all’art. 46, da 60 giorni a 5 mesi) – per motivi oggettivi, per dichiarata soppressione della posizione dirigenziale ricoperta, determinata da una riorganizzazione resasi necessaria per far fronte a un calo dell’attività aziendale legato alla pandemia.
Secondo il Tribunale, la ratio “di ordine pubblico” del blocco dei licenziamenti è da ricercarsi nella volontà del Legislatore di evitare che le conseguenze economiche della pandemia possano tradursi nella soppressione di posti di lavoro.
Trattandosi di un rischio, evidentemente, generalizzato, non può, dunque, ragionevolmente ritenersi che lo stesso non interessi anche la categoria dei dirigenti, peraltro, già maggiormente “fragile”, sotto taluni profili, rispetto agli altri lavoratori in ragione della particolare elasticità che contraddistingue il regime di salvaguardia dai licenziamenti arbitrari, fondato, come noto, sul principio della cd. “giustificatezza”.
Peraltro, prosegue il Tribunale, una diversa ratio si porrebbe in illogico contrasto con la tutela espressamente accordata, anche in favore dei dirigenti, in caso di licenziamento collettivo: non si comprenderebbero, infatti, le motivazioni di uno sdoppiamento della tutela a fronte di licenziamenti (quello collettivo, al pari di quello individuale) aventi tutti la medesima causa determinate, ossia la crisi economica provocata dall’emergenza pandemica. Anzi, precisa il Giudice, è proprio il blocco dei licenziamenti collettivi ad offrire “un dato significativo del fatto che il legislatore non abbia in realtà inteso fondare una distinzione basata sullo ‘status’ del lavoro dirigenziale e sulla particolarità di esso”.
Quanto, poi, al riferimento all’art. 3 della L. n. 604/1966, lo stesso, secondo il Tribunale, mira a delimitare non già l’ambito soggettivo di applicazione del divieto, bensì ad identificare “la natura della ragione” oggettiva posta a fondamento del recesso, rinvenibile nel motivo oggettivo, che si traduce, per i dirigenti, nella cd. “giustificatezza oggettiva”, di cui “condivide sostanzialmente la natura in una forma attenuata nel rigore … ma non nell’essenza, posto che essa attiene comunque ‘ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di esso”.
Una lettura costituzionalmente orientata delle disposizioni emergenziali in materia di licenziamento, dunque, non può ritenere la categoria dirigenziale esclusa dalle garanzie sul blocco dei licenziamenti, tanto collettivi quanto individuali.
Sulla base delle predette argomentazioni, il Giudice del Lavoro ha, quindi, dichiarato la nullità del licenziamento del manager per violazione di disposizione imperativa che vieta il recesso, ordinando alla società datrice di lavoro la reintegrazione del dirigente nel posto di lavoro, con condanna, altresì, al risarcimento del danno ed al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
Orbene, appare evidente l’indiscutibile importanza dell’ordinanza in commento, destinata, evidentemente, a incidere significativamente sull’interpretazione del dettato normativo e a condizionare ancor di più le aziende dall’astenersi dall’assumere provvedimenti nei confronti dei propri dirigenti in vigenza del disposto normativo con scadenza il prossimo 31 marzo, ma che potrebbe, con buona probabilità, essere oggetto di proroga.
Federmanager Vicenza rimane a fianco dei propri iscritti per offrire consulenza e assistenza in merito.